mercoledì 9 ottobre 2013

Un mare di silenzio

Non ti resta che sputare e nuotare
nel petto hai un corridoio dove fanno eco gli spari
sotto c’è quello che non vuoi vedere
il corpo di tua sorella in fondo al mare
c'è dentro il bambino che non piangerà e non si dovrà sfamare
se sei bravo adesso, non ti fermerà nessuno
ci saranno uomini e donne sulla spiaggia e ti offriranno coperte e pane
ci saranno i vestiti per il freddo, scarpe, e farina e carne tutte le sere
la stagione del sole, la stagione della neve, il lavoro, la televisione
ci saranno giorni che vorrai tornare da tua madre a raccontare
e momenti per sentire vicino tuo padre e le sue parole sul coraggio
sopra la tua terra rossa non serviva saper galleggiare
non ti hanno insegnato a remare
il vento non è stato mai così bagnato
le gambe così pesanti
le voci che senti le ritroverai sulla sabbia
qualcosa si vedrà sarà tutto un domani da immaginare
non ti abbandonare prima di scorgere i lumi delle case
sputa e nuota il viaggio è ancora lungo
hanno spostato l'orizzonte
hanno spostato la linea di terra
non senti più pesanti le gambe
non è l’alba la luce che vedi
non è il faro
non è la barca dei pescatori
non sono nemmeno i tuoi traghettatori
non sono solo le onde quelle che ti stanno dondolando
arrivederci terra rossa
arrivederci uomini e donne con coperte e pane
arrivederci madre e padre
ciao sorella
ciao bambino
che intanto non saresti mai stato italiano.

venerdì 4 ottobre 2013

Ottobre il padre di tutti i lunedì.

Autunno, tornano le castagne. Difficilmente riesco a scrivere quando sono beata e felice. E da febbraio ad oggi son stata molto felice. Per fortuna o purtroppo però lo stare al mondo da umani ci espone a difficoltà e accadimenti che, uniti ai colori autunnali, fanno ripiombare nella malinconia e nel dolore così affini allo sturm und drang che favorisce la creazione a parole.

martedì 12 febbraio 2013

Mollare, si può

Martedì grasso. Meno un giorno a giovedì grasso.
Ancora neve a benedire ogni cosa.
Il Papa non ce la fa più. Si sente vecchio, stanco.  Con consapevolezza e coraggio, lascia.  Non spingerà le sue funzioni canoniche oltre quelle biologiche, fino ad essere acclamato alla santità. Forse ci sono decisioni che non ha senso prendere se poi non si possono portarne avanti le dirette conseguenze per via dei limiti dell'esistenza terrena. Abbandona da uomo. Il suo ministero non è solo pregare e rappresentare: è anche parlare, scrivere, viaggiare, fare. E ci vogliono energie, che non si sente di avere. La metamorfosi del mondo è davvero sfidante. Meglio che vada avanti qualcun altro. Con Dio e con lo Spirito Santo se la vedrà lui. Si può ammettere di non farcela più, si può lasciare. Si può cambiare. Tutto questo è confortante.

mercoledì 23 gennaio 2013

Ancora neve

Prendi te
Prendi noi
Resta leggero come adesso la neve poggiata sui rami
Quando qualcosa si muoverà, da lì cadrà come Ofelia che si lascia andare nel fiume vestita di bianco
Ascolteremo il suo rumore
Vedremo brillare l'acqua, quando sarà sole
Semmai guarderemo le fronde asciugare e germogliare
Prendi me.

martedì 8 gennaio 2013

Le libertà della neve

Se fosse sempre bianco, si potrebbero tracciare vie inedite, senza inizio e senza fine, forme improbabili, sentieri irregolari.

Andare altrove nella metà o nel doppio del tempo necessario. Che poi, necessario per cosa.

Calcare la luce solare riflessa, con l'aria che ha un gusto, e che preme fortissimo nel petto.

Come la voglia di nuovo.

giovedì 3 gennaio 2013

Gallina in umido

Dopo un duemiladodici segnato dalle diverse sfumature dello sfinimento, dopo aver disertato il Capodanno finendo già dalle dieci di sera a far da ripieno alle lenzuola, mi lascio tentare da una giornata alle terme con un'amica. In uno dei posti più suggestivi dei nostri monti. Se è vero che lì ci si rilassa, non c'è altro che possa fare, penso.

Già all'ingresso, mi rendo conto che c'è tanta, tanta gente che necessita di un rilassamento.
Superato il trauma di una prova costume seguente i panettoni,i  prosecchi, i capponi, i salumi, le tartine, i salmoni, i ravioli, i torroni, ci immettiamo nel girone dei termandi in accappatoio bianco e ciabatte, tutte uguali, tutti uguali. Passerò la giornata a cercare asciugamani, accappatoi e ciabatte col mio numero.

E poi vasche, getti, vapori, odori non sempre gradevoli, inservienti gentilissimi, per lo più maschi, per lo più somiglianti alle statue del Canova. Guardo la mia amica, mi viene persino il dubbio che questi ambienti strizzino parecchio l'occhio a quelle come noi.

Tante persone, almeno tante quante quelle che circolano sulle banchine dei metrò alle otto di mattina, sperimentano ogni temperatura che un ambiente umido può offrire. Sono quasi tutte in coppia. Assisto a pratiche di effusioni in ammollo. A due a due avvinghiati nella posizione a cucchiaio nelle piscine, nelle vasche, sotto le cascate, dormienti sulle brande delle aree relax. Tant'è che ho anche imbarazzo scioccante, allorché nella vasca sensoriale, sollevo gli occhietti sopra la bruma colorata, e mi accorgo di essere circondata da gente oltre il limite del sesso in pubblico.

Disperato, ad un certo punto mi si installa a fianco addirittura un palestrato marpione da terme. Terribile.

Cercando di dimenticare che ho freddo e avverto disagio perché indosso panni umidi da più di sei ore, mi rifugio in una specie di uovo bianco sospeso in una stanza con nuvole di bambagia e musica classica soffusa. Medito di abbandonare la mollezza e fiondarmi sulle piste da sci.
E ribadisco che il mio modo prediletto per buscarmi una infezione fungina rimane sempre il campeggio.

mercoledì 19 dicembre 2012

Il Bar New York

Spesso la  mattina, quando la Stazione Centrale mi sputa fuori, faccio tre balzi sopra le rotaie del tram, una piccola serpentina tra i bus, trattengo il respiro 6 secondi per la puzza di piscio sempre nel solito punto, e poi evviva, mi infilo nel Bar New York.
Il Bar New York è un'oasi di anni 80, sogni di vacanze spensierate, e exmilanodaberepergentechelavora. La sala è ampia, il bancone interminabile, e c'è anche un vasto dehor sul marciapiede tra palazzi grigi e tram. Ha un'estetica smaccatamente metropolitana, post paninara e rampante.
Lì si può godere ancora un accento alla Cochi e Renato, una vera chicca ormai in città, e quella inflessione esageratamente meneghina che credo sia fastidiosa ai più nel resto d'Italia.

Il proprietario è un omone dall'aria furba che esprime una personalità ingombrante, con una bella panza che parte dallo sterno, i capelli grigio perla un po' lunghi sulle orecchie sul collo, la camicia sopra i pantaloni, gli occhiali con la montatura quadra e spessa, e in estate sbuffa come un mantice.
Egli sornionamente e senza cattiveria maltollera gli extracomunitari e i fuori di testa che si mischiano agli ordinati frequentatori del bar.
Poichè, pare, si sollazza frequentemente in sudamerica, la colonna sonora della colazione è sovente un ritmo latino che altrove mi sarebbe insopportabile, alternato a musica dance anni novanta.
Il barista è un quarantenne moro, sempre gentile e sorridente nonostante prenda il treno alle 6 ogni mattina per fare i cappuccini. Conosce vizi e virtù di tutti i caffè della concorrenza di zona, e mi presenta uno per uno ciascuno dei tipi di briosche che stanno sugli otto vassoi. Ci sono addirittura quelle con la crema di pistacchio, e le alzatine coi muffin, ormai imprescindibili in Lombardia, figuriamoci al New York.

Un giorno ci voglio portare SuperCozzi, il Supereroe coi riccioli magici.
Milano sei tremenda ma ti amo.